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Si è calcolato che una tazzina di caffè "all'italiana" contiene in media 80 milligrammi di caffeina.
Di fronte a questo dato sorgono spontanee alcune domande: quali effetti ha la caffeina sul nostro organismo? Bere molto caffè può far male? Quanto se ne può bere in un giorno? Ci sono casi o momenti in cui non bisognerebbe prenderlo?
Se anni di ricerche hanno ormai sfatato il luogo comune che bere caffè fa male, ancora oggi si nota confusione causata spesso dall’avventatezza con cui si interpretano i dati scientifici Ad esempio, se un centro di ricerca comunica che, in base agli esperimenti effettuati, la caffeina mostra di aumentare la pressione arteriosa, questa notizia deve essere compresa nei suoi giusti termini: infatti, se è vero che in quell'esperimento la pressione arteriosa ha mostrato un certo aumento nei soggetti trattati con caffeina pura, ciò non vuol dire che bevendo una tazzina di caffè si diventa automaticamente ipertesi. Semmai può significare che bere oltre 6 tazzine di caffè può, in alcuni soggetti predisposti, essere un fattore di rischio per l’ipertensione. Non bisogna quindi confondere un dato sperimentale né identificare la caffeina con il caffè. In ultimo bisogna sempre capire di quale tipo di caffè si tratta. L’espresso bar, ad esempio, contiene assai meno caffeina di un filtrato all’americana.
Nel considerare ora serenamente quelli che sono gli effetti del caffè sul nostro organismo occorre, per prima cosa, sapere che la letteratura medica più recente e autorevole ha sconfessato decisamente e in modo documentato credenze del passato, in merito all'uso e all'abuso del caffè tra cui, ad esempio, che il caffè si renderebbe responsabile di patologie cardiovascolari, piuttosto che di vari tipi di cancro, o di gravidanze e allattamenti a rischio piuttosto che di osteoporosi e, per finire, a ipercolesterolemia.
E’ all'incirca intorno al 1983, che si registra una nuova tendenza nella ricerca, quando per la prima volta vengono presi in esame gli effetti benefici di caffè e della caffeina sull'uomo. La riabilitazione, della bevanda, prevedibile del resto, ha fatto sì che prevalesse il buon senso e che fossero sconfessate alcune affermazioni che per anni avevano gettato un ombra su caffè e sul suo principale componente: la caffeina. Vediamo nello specifico come viceversa il caffè può essere un amico benefico per la nostra salute.
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Non esiste correlazione tra caffè e cancro. A ribadirlo sono gli studiosi dell’American Cancer Society, lo studio norvegese pubblicato su Cancer Causes Control – 1994 Sep; 5 (5):401-8 -condotto su ben 43.000 bevitori abituali di caffè e il testo su “cancro e dieta” pubblicato dal World Cancer Research Fund dopo avere valutato numerose ricerche internazionali. Ma entriamo nello specifico.
Cancro del seno: un tale pericolo è stato fugato dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) e dallo studio di Folsom e collaboratori condotto su 34.000 donne fra i 55 e i 69 anni e pubblicato nel 1993 sul n. 138 dell’America Journal of Epidemiology. I ricercatori hanno provato che non solo il caffè ma neppure gli alimenti o bevande che contengono caffeina rappresentano un fattore di rischio per il cancro al seno (fra i lavori scientifici si ricorda anche “Coffee, tea, and caffeine consumption and breast cancer incidence in a cohort of Swedish women” Ann Epidemiol. 2002 Jan; 12(1): 21-6.).
Cancro del pancreas: le ricerche condotte nell’ultimo decennio (studio giapponese di Nishi e collaboratori ”Dose-response relationship between coffee and the risk of pancreas cancer”, riportato sul Japanese Journal of Clinical Oncology – 1996 Feb; 26(1):42-8) confermano come un consumo abituale di caffè (pari a 4 tazze massimo al giorno) non comporta rischi. Addirittura un’altra ricerca effettuata da Bueno de Mesquita in associazione con l’International Agency for Research on Cancer e pubblicata nel 1992 sul n. 50 dell’International Journal of Cancer, ha trovato che il consumo regolare di caffè ha addirittura un effetto protettivo nei confronti del tumore al pancreas.
Cancro delle ovaie, della prostata, della vescica: sospettato a lungo di poter provocare l’insorgenza di cancro delle ovaie, il caffè è stato poi definitivamente assolto come risulta da una rassegna di Leviton pubblicata sul Cancer Letters (1990 – n. 51). Riguardo al cancro alla vescica e a possibili ripercussioni della caffeina sull’apparato urinario, sono stati revisionati attentamente gli studi condotti sul possibile legame tra la bevanda e l’insorgenza della malattia. La conferma che il caffè non può essere un fattore di rischio è stata pubblicata da Viscoli su The Lancet (n. 341 – 1993). Una ulteriore conferma arriva dalla rassegna di Nehlig e Debry pubblicata sul World Review of Nutrition and Dietetics (1996 - n. 79). Inoltre Il caffè ha una azione di stimolo che si esplica sui reni facilitando la produzione di urina.
Cancro del colon: seppur ancora non del tutto certo, il caffè ha un effetto protettivo nei confronti del cancro al colon. A tale conclusione si è giunti dopo numerosi studi pubblicati tra cui quello condotto in Svezia da Baron e coll. Su 532 pazienti affetti da cancro al colon e 512 pazienti di controllo (pubblicato sul n. 3 di Cancer Epidemiology Biomarkers and Prevention nel 1994). Inoltre uno studio di Tavani, riportato sull’International Journal of Cancer (1997 – n. 73), ha dimostrato che addirittura esiste una riduzione del rischio di cancro al colon tra chi beve almeno 4 tazze di caffè al giorno.
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Gli studi condotti sulla possibile attinenza tra malattie cardiovascolari e consumo di caffè sono tutti concordi nell’affermare che il caffè, a patto che non lo si consumi in quantità esagerata per mesi se non per anni, non può essere considerato tra i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.
Particolarmente – riguardo il presunto legame tra aritmie cardiache e caffeina, studi effettuati sia su una popolazione campione sana sia su una popolazione campione sofferente di cuore (ischemia del miocardio), hanno concluso che la caffeina in dosi di 300-500 mg (circa 5/7 espressi bar), non provoca aritmie. Qualora ciò accada è una rarità: solamente in individui particolarmente sensibili alla caffeina. La caffeina esercita viceversa una azione cardiotonica.
Inoltre il caffè non provoca ipertensione (sempre in dosi valutabili intorno ai 4 caffè espresso al giorno) nei soggetti sani ed è quindi ovvio sconsigliarlo ai soggetti ipertesi. Lo dichiara uno studio molto esteso (Multiple Risk Factor Intervention Trial) pubblicato sul n. 53 dell’ American Journal of Clinical Nutrition (1991). Per quanto relativo al colesterolo, uno fra i più importanti fattori di rischio nell’area delle malattie cardiovascolari, si può dire con certezza che il caffè “all’italiana” non incide sul suo incremento ematico.
Infatti è stato provato che una tale possibilità esiste solo qualora il caffè venga bollito per il passaggio libero nella tazzina di cafeolo e cafestolo (due sostanze presenti nella frazione lipidica del caffè) cosa che non accade nel normale caffè espresso.
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Il caffè non influisce negativamente sul picco di massa ossea e non vi è alcuna relazione fra frattura dell’anca e caffeina. Ricerche effettuate su donne la cui età media era intorno ai 63 anni e con uno stile di vita assai simile fra loro (tra cui il consumo abituale di caffè) oltre che con una storia ostetrica e ginecologica quasi identica, hanno dimostrato che non esiste correlazione fra frattura dell’anca e consumo di caffè (sia esso normale sia esso decaffeinato) e di bevande a base di cola.
L’Istituto Farmacologico Mario Negri, sulla base di tali ricerche ha concluso che la frattura dell’anca e il rischio di osteoporosi non sono correlabili all’assunzione di caffè soprattutto riferendosi all’espresso all’italiana le cui dosi di caffeina sono molto contenute. Il caffè non è pericoloso neppure durante l’ adolescenza.
Uno studio condotto in Pennsylvania su un campione di ragazze seguito per sei anni dai 12 ai 18 anni bevitrici di caffè (suddivise ulteriormente in sottogruppi in base al consumo della bevanda per avere un riferimento di dose di caffeina giornaliera) ha verificato periodicamente l’aumento di massa ossea e valutato il picco osseo finale raggiunto dalle ragazze all’età di 18 anni. Dai risultati è emerso che non vi erano differenze nei tre gruppi e che la caffeina (che in un gruppo raggiungeva gli 80 mg giorno, pari a circa due espressi bar o a una tazzina di moka casalinga) non interferiva con la massa ossea. In sostanza – come molti studi hanno provato – se il caffè è associato ad una dieta che garantisca il normale apporto di calcio non vi sono alterazioni della massa ossea.
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La caffeina ha una modesta azione broncodilatatoria pertanto il consumo moderato di caffè può ridurre le crisi d’asma. Perché il caffè sia efficace contro l’asma è necessario berne almeno 3 tazzine di moka casalinga al giorno regolarmente.
Una ricerca condotta dal Dipartimento di sanità pubblica del St George's Hospital Medical School di Londra, UK ha dimostrato infatti che La caffeina sembra migliorare modestamente la funzione delle vie respiratorie nelle persone con asma fino a quattro ore dopo l’assunzione.
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Sul sistema digerente, l’effetto maggiore è rappresentato dalla stimolazione (diretta e per via nervosa) della secrezione acida da parte dello stomaco (fatto positivo in termini di funzione digestiva). Le persone sofferenti di disturbi gastrici (gastriti, ulcera peptica) dovuti ad una eccessiva secrezione gastrica dovrebbero pertanto limitare l’assunzione di caffè così come dovrebbero limitare l’assunzione di altre bevande come te, birra, soft drink, bevande gassate.
Certo è, come dimostrano molti recenti studi scientifici, che la stimolazione della secrezione gastrica dipende solo in minima parte dalla caffeina. Uno studio di Aldoori , apparso su Epidemiology 1997 Jul; 8(4):420-4 (coinvolti 48.000 soggetti per 6 anni) ha dimostrato che le bevande contenenti caffeina non peggiorano i sintomi dell’ulcera peptica. Ciò a significare che non può esserci correlazione fra l’insorgenza di patologie gastriche e caffè. Il caffè, anzi, stimola la produzione di saliva (favorendo la prima fase digestiva che avviene in bocca), la secrezione della bile e la motilità intestinale. Una tazzina di caffè subito dopo avere mangiato attiva quindi alcuni meccanismi del tratto digerente.
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Ci sono voluti quattro anni di indagine ma alla fine si è riscontrato che la caffeina ha un ruolo epatoprotettore. Uno studio ha messo in luce l’effetto benefico della caffeina su coloro ai quali era stata diagnosticata una cirrosi di base.
Secondo gli autori dello studio “Coffee, Caffeine and the risk of liver chirrosis” condotto dal Prof. G. Corrao del Dipartimento di statistica dell’Università degli Studi di Milano- Bicocca, l’attività della caffeina, contrasta l’attività negativa dell’alcool confermando una relazione inversa tra il consumo abituale di caffè e il rischio di cirrosi epatica.
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Il caffè non pregiudica la capacità riproduttiva della donna e un consumo moderato non può mettere a repentaglio la gravidanza e neppure l’allattamento al seno. Lo dichiarano numerosi studiosi tra cui i ricercatori del Royal College of Midwives.
Gli autorevoli The Lancet e American Journal of Epidemiology hanno riportato due studi (il primo vedeva 3.000 donne coinvolte e il secondo 10.000) dove emerge che non esiste associazione fra il bere caffè e ritardi nel concepimento così come non vi sono correlazione con una possibile sterilità.
Relativamente al problema aborto per il quale spesso si dibatte, lo studio Mills pubblicato sul n. 269 del Journal of American Medical Association (1993), così come il lavoro di Fenster apparso sul n. 2 di Epidemiology – nel 1991 - (con un significativo campione di donne seguite dal periodo del concepimento al termine della gravidanza), hanno fornito la conferma che non esiste rapporto fra consumo di caffè moderato (3-4 tazze giorno) e rischio di aborto.
Bere caffè in gravidanza non influisce neppure sullo sviluppo del feto (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale conferma arriva anche da un ulteriore studio dove venivano monitorate un gruppo di donne durante la gravidanza. Lo studio serviva a valutare gli effetti di fumo, alcool e caffeina sul feto. E’ risultato che fra le donne che consumavano considerevoli quantità di caffè non si avevano problemi sul feto, al contrario i problemi si verificavano su fumatrici e consumatrici d’alcool.
Per quanto relativo l’allattamento al seno un consumo di 4 tazze di caffè al giorno è ammesso durante il periodo d’allattamento. Secondo i ricercatori del Royal College of Midwives, anche se la caffeina passa nel matte materno, la dose è talmente minima che non comporta alcun effetto sullo sviluppo fisico e comportamentale del bambino.
Un ulteriore studio condotto per un periodo di tempo compreso fra la nascita e i 7 anni d’età sui figli di donne consumatrici di caffè durante l’allattamento, ha confermato che la caffeina non interferisce né con la crescita né con il peso e tantomeno con il quoziente intellettivo del bambino (Studio Barr – 1991 – n. 13 di Neurotoxicology and Teratology).
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Il caffè, come si è detto, è stato classificato tra i "no nutritive dietary components", cioè non riveste un valore significativo in termini di apporto in nutrienti ed energia. Ma non tutti lo sanno. E continuano a chiedersi: "Quante calorie apporta una tazzina di caffè? Quanto incidono sulla nostra alimentazione?"
Si è già detto che una tazzina di caffè come tale (cioè senza aggiunta di zucchero o di latte) non apporta più di due calorie che, nell'economia generale dell'organismo, rappresentano evidentemente un valore del tutto trascurabile. Per fare un raffronto, si pensi che un bicchierino di cognac o di grappa ne apporta circa 80-100. Nondimeno il caffè può avere riflessi sull'alimentazione anche significativi in quanto viene spesso utilizzato in combinazione con alimenti di importanza primaria, ad esempio il latte, oppure lo zucchero. In questo modo il caffè diventa "veicolo" di nutrienti che di per sé non contiene ma che contribuisce in modo determinante a far assumere. Alla popolazione adulta, ma anche ai giovani, il latte bianco a volte può non essere gradito e viene consumato più volentieri sotto forma di caffellatte o di cappuccino; quindi, insieme al caffè vengono introdotti gli zuccheri, le proteine, i grassi, le vitamine e i sali minerali contenuti nel latte.
Ma numerosi sono i riflessi del caffè sul complesso aspetto dell'alimentazione. Lo sappiamo tutti per esperienza: quando siamo costretti a seguire una dieta dimagrante molto rigida o dobbiamo per qualche motivo ridurre l'assunzione di cibo, una tazzina di caffè ci può aiutare ad attenuare la sensazione di fame. Ma c'è di più.
Da uno studio documentato risulta che, se si somministrano 3-4 caffè al giorno a consumatori non abituali, si eleva del 10% circa l'attività metabolica (e quindi la quantità di calorie consumate) in condizioni di riposo. Ora, senza voler in alcun modo affermare che il caffè "fa dimagrire", appare chiaro che esso può in una certa misura contribuire a limitare l'apporto di calorie e a favorire il dispendio di energia.
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Che il caffè aumenti gli indici di colesterolo ematico è argomento assai dibattuto. Alcuni studi hanno dimostrato che vi è una correlazione fra consumo di caffè e aumento della frazione LDL (ovvero della frazione cosiddetta “cattiva” di colesterolo ematico).
E’ anche vero che altre ricerche condotte sia negli USA sia in Europa hanno dimostrato l’esatto contrario chiarendo che l’aumento del colesterolo ematico non è legato tanto al consumo di caffè e alla quantità di caffeina assunta bensì dal metodo di preparazione della bevanda.
Dello stesso parere anche gli specialisti della British Hearth Foundation, secondo i quali un consumo moderato di caffè non dà problemi di colesterolo e, di conseguenza non fa aumentare il rischio cardiovascolare. Infatti nel caffè bollito sono presenti dall’1 ai 2 grammi di grassi rispetto al caffè filtrato (totalmente privo degli stessi grassi).
I composti presenti nella frazione grassa del caffè – cafeolo e cafestolo – sono i responsabili dell’ aumento colesterolemico. Pertanto sono da ritenersi pericolosi, per coloro che soffrono di alti livelli di LDL, solo il caffè alla turca e il caffè bollito (il primo farebbe aumentare il colesterolo di circa 13 milligrammi per decilitro e il secondo di 19 milligrammi per decilitro). Il caffè solubile, quello fatto con la moka o l’espresso bar contengono tracce minime dei componenti succitati al punto da non influire minimamente sul tasso di colesterolo ematico. Viceversa il caffè aumenta le HDL (la parte buona del colesterolo) che ha come funzione quella di pulire le arterie diminuendo il rischio di malattie cardiovascolari.
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La caffeina non nuoce alla salute degli ultrasessantenni. Un consumo moderato non solo non ha alcun effetto collaterale (non altera la funzionalità cardiaca e i valori pressori, non danneggia l’ apparato renale e non aumenta il rischio di osteoporosi) ma, come dimostrano numerosi e autorevoli studi, è un aiuto validissimo per aumentare la performance psicologica. Infatti dai test effettuati è risultato che gli anziani sono più sensibili alla caffeina.
Il dato, confermato da Swift e Tiplady nello studio “Psychomotor performance: investigating the dose- response relationship for caffeine and theophylline in elderly volunteers” pubblicato su European Journal Clinical Pharmacology , nel 1998, sottolinea, negli anziani, un miglioramento dell’attenzione e della capacità di concentrazione.
La caffeina aumenta la velocità con cui si apprendono le informazioni e solo per quanto relativo al sonno – nei soggetti particolarmente sensibili – può generare un sonno disturbato.
Inoltre è recente la scoperta che la caffeina può aiutare i malati di Parkinson. Lo studio “Association of coffee and caffeine intake with the risk of Parkinson disease” pubblicato su Jama nel 2000 May 24-31; 283(20): 2674-9. ha messo in luce che l’incidenza della malattia diminuisce se rapportata al consumo di caffè.
E per finire si è scoperto che dall’aroma si sprigionano circa 900 sostanze chimiche dotate di alto potere anti-ossidante. Le 900 sostanze chimiche sono volatili dal che se ne deduce che, per averne beneficio, il caffè va bevuto immediatamente appena preparato. Gli anti-ossidanti hanno la capacità di combattere e prevenire molte malattie (compreso molti tipi di cancro) e ritardano gli effetti dell’invecchiamento perché bloccano l’azione lesiva nelle cellule dei radicali liberi che sono considerati le scorie dannose dei processi vitali dell’organismo.
Recentemente si è scoperto che a essere responsabili di questa sua preziosa attività non sono soltanto i composti fenolici in esso contenuti, ma anche la caffeina. La conferma di questa proprietà è stata fornita da uno studio condotto da un’équipe di ricercatori del Bhabha Atomic Research Centre di Bombay (India), pubblicato su Biochimica et Biophysica Acta. I risultati ottenuti dimostrano che la caffeina è in grado di contrastare e prevenire i danni ossidativi a carico della membrana delle cellule dell’organismo causati dai più importanti radicali liberi. I dati ottenuti da questo studio hanno dimostrato che il potere antiossidante della caffeina è molto elevato.
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L'abuso di caffè, specialmente in soggetti particolarmente sensibili, può condurre a una serie di disturbi che vengono complessivamente compresi nel termine "caffeinismo o caffeismo".
La persona con intossicazione da caffè è irritabile, agitata, dorme poco e il suo sonno viene interrotto frequentemente, talora da crampi alla muscolatura. Avverte poi palpitazioni cardiache, vampate di calore al viso alternate a sensazioni di freddo e sudorazione. E' chiaro che, in questi casi, bisogna diminuire gradualmente il numero delle tazzine di caffè consumate durante la giornata.
La dose massima di caffeina che si consiglia di non superare nel corso di una giornata, (soprattutto nel caso di soggetti ansiosi o in gravidanza) è di circa 300 mg, l'equivalente cioè di circa 4 tazzine di caffè.
E' invece considerata letale una dose di 10 g di caffeina assunta nel giro di 30 minuti (impossibile a consumarsi se si pensa che 9/10 g di caffeina equivalgono a circa 120 espressi). Naturalmente queste cifre rivestono semplicemente valore orientativo, dal momento che la tolleranza alla caffeina non è soltanto in funzione della quantità assunta, ma anche della reattività dei singoli individui: alcuni sono più sensibili, altri meno.
Il consumo eccessivo di caffè, si è detto, può provocare sintomi di intossicazione e, nei forti consumatori, l'astinenza può determinare la comparsa di disturbi quali malumore, mal di testa, abulia, eccitabilità, ansia, difficoltà di concentrazione. Per evitare questi sintomi, tuttavia, basta diminuire gradatamente il consumo del caffè, senza smettere di berlo. La caffeina comunque non può essere in alcun modo considerata una sostanza che dà dipendenza, se per dipendenza intendiamo quella provocata da una sostanza psicoattiva che interferisce con la salute e il comportamento sociale dell'individuo. Esistono comunque delle condizioni nelle quali l'uso del caffè deve essere limitato (persone eccitabili, quelle che vanno facilmente soggette a crampi muscolari e gli ipertiroidei) e, all'occorrenza, abolito (intolleranza).
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Non ci sono dubbi, il chicco dà la carica a chiunque sia che pratichi uno sport sia che non lo pratichi. Il problema di quanta sia la dose di caffè permessa agli sportivi per non essere additati come dopati se sottoposti al test anti-doping è assai dibattuto e spesso viene trattato dalla stampa in modo allarmistico e non del tutto corretto.
A volte il termine “caffeina” viene associato, nei titoli, al caffè mentre nei testi si riferisce ad analgesici contenenti caffeina. Per questo è bene comprendere una volta per tutte che il caffè, intendendo l’ espresso del Bar o della moka di casa – in dosi moderate (a seconda la capienza delle tazzine) – 300 mg al giorno – non può costituire un pericolo e che anzi, sia per l’atleta sia per il non atleta è particolarmente indicato a tutti coloro che debbono sottoporsi, in tempi ristretti, a pesanti sforzi fisici e mentali. E vediamo il perché.
La caffeina del caffè così come la teofillina del tè e la teobromina della cioccolata appartengono alla famiglia delle metilxantine, sostanze che stimolano il sistema nervoso centrale e, soprattutto, la contrazione del muscolo cardiaco. Ciò vuol dire che assumendo caffè s’incrementa sia la frequenza sia la gittata cardiaca (il numero delle volte che il cuore pulsa e la quantità di sangue pompato nello stesso periodo di tempo). Una simile azione beneficia coloro che praticano sport di lunga durata e che necessitano di un cuore capace di funzionare a pieno regime. Inoltre, grazie alla caffeina, la muscolatura liscia dei bronchi si rilascia favorendo così una migliore respirazione necessaria durante la performance atletica. A questo punto non resta che comprendere – una volta per tutte – che bere tre o quattro tazzine di espresso o di moka casalinga non può determinare alcun problema nello sportivo. Per rientrare fra coloro che si dopano è necessario superare i 12 milligrammi di caffeina per litro di urina e, tale quantità, si raggiunge solo dopo avere consumato almeno dodici tazzine di espresso in un'unica assunzione.
Non bisogna dimenticare inoltre che l’espresso Bar e il caffè preparato con la moka di casa hanno un contenuto in caffeina che va dai 40 agli 80 mg in media, differente invece è il caffè lungo o all’ americana, dove, per credenze erronee, si pensa che il contenuto in caffeina sia più basso mentre, viceversa, supera di quasi il doppio quello dell’espresso Bar e della moka casalinga. Non resta che concludere che non esiste nulla di meglio di una buona tazzina d’espresso o di moka per avere la carica necessaria ad affrontare lo sforzo fisico e psicologico che qualunque gara atletica richiede.
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